Diario in stile Lahiri Parte 10
Mi piacerebbe dedicare questa voce sul diario alla sezione del libro di Lahiri titolata "L'imperfetto" in cui rifletta sulla sua incapacità di parlare perfettamente la lingua italiana. Elenca tante cose che la confondono della lingua: le preposizioni, l'uso dell'articolo, parole simili e soprattuto, l'uso dell'imperfetto. Lahiri si identifica con l'imperfetto perché lei stessa è imperfetta, perché "un senso d'imperfezione ha segnato la mia vita" (la pagina 85). Si sente la mancanza di una lingua con cui si può identificare. Finisce questa sezione dicendo che sentirsi imperfetta è sentirsi viva.
Pretendo scrivere su questi tre aspetti meravigli dell'imperfezione nella traduzione: non esiste una traduzione perfetta, l'imperfetto in italiano si traduce in una marea di manieri e una traduzione "imperfetta" è un'opera d'arte fatta da un traduttore.
1. La traduzione è una arte e una scienza. Questo vuole dire che non c'è sempre soltanto una maniera di dire una cosa. Infatti, ci sono tantissime manieri di dire una sola cosa, proprio quando la frase originale è un po' ambiguo, anche nel contesto. La frase che dimostra questo più ha a che fare con il verbo "to love" in inglese. In italiano, dipendendo del contesto, si può tradurlo coi verbi "amare", "volere bene", "adorare", "piacere moltissimo." Questo lascia il significato all'interpretazione del traduttore. "I love you" in inglese si può dire a tutti quanti, perché la parola "to love" non identifica le sfumature del sentimento--se deve usare il contesto per determinare il tipo di amore e la profondità di esso. Nonostante, ci sono traduzioni migliori e traduzioni peggiori. "The US seized Mexico" (una situazione fantastica che ho scritto per fare un esempio) e "Mexico offered itself over willingly to the US" sono totalmente diversi, benché condividano il messaggio generale che gli Stati Uniti hanno controllo di Messico. Dobbiamo imparare a riconoscere il limite tra interpretazione e cambiamento.
2. L'imperfetto in italiano è un tempo verbale straordinario perché semplifica i modi d'espressione del passato. E' facile tradurlo al italiano ma non è così facile tradurlo al inglese perché ci sono troppe opzioni. "Was doing something,", "did something" e"would do something" sono alcune traduzioni comuni, ma si usano in manieri diversi. La prima si usa come il progressivo e anche per enfatizzare un'azione interrotta. Il secondo non precisa la frequenza dell'azione da solo, e l'ultimo si usa per ricordare il passato e azioni ripetuti. Come scegliere mai l'uso corretto quando non è sempre chiaro?
3. La mia impronta come traduttrice la continuo a cercare. Non so ancora com'è oppure quali caratteristiche la formano, però l'unico che sei e che sarà piena di errori, e farà più interessante quello che faccio.
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